Oggi ho deciso di affrontare un argomento molto delicato e che solo negli ultimi anni ha avuto, se così la possiamo chiamare, l’opportunità di essere conosciuto e riconosciuto.

Il titolo di questo breve articolo nasce da una mia riflessione personale e cioè dal fatto che sia l’ENDOMETRIOSI sia la possibilità di intraprendere un percorso psicologico sono visti e percepiti ancora oggi come dei tabù.

Mi sono chiesta come mai, come mai proprio oggi accadono ancora queste cose, oggi che abbiamo sdoganato ed affrontato molti argomenti difficili da trattare eppure in un modo o nell’altro ce l’abbiamo fatta.

Sia l’endometriosi sia i disturbi psicologici, che fiore-di-lotospesso le gravitano attorno, sono per anni silenti, sono difficili da diagnosticare e soprattutto sono INVISIBILI all’esterno.

Ecco, nessuno li vede al primo sguardo, bisogna ascoltare, credere e sentire la sofferenza che, in questo caso una donna, porta nei nostri studi.

Prevale ancora un sentimento di vergogna, l’endometriosi e i disturbi psicologici quali ansia, depressione, cadute umorali, ledono l’identità personale, mettono in dubbio chi si è stati fino a quel momento e chi si diventerà dopo l’etichettatura della diagnosi.

L’endometriosi è una patologia ginecologica benigna, ad eziologia incerta, che interessa il 10-12% delle donne in età fertile. La maggiore incidenza della malattia si registra tra i 25 e i 35 anni ma può comparire anche in epoca adolescenziale; si riscontra infatti che circa il 38% delle donne ha il primo episodio di dolore pelvico a circa 15 anni.

L’endometriosi è una malattia cronica caratterizzata da una sintomatologia molto dolorosa rappresentata soprattutto da dismenorrea, dispareunia, dolore pelvico cronico e da un potenziale impatto negativo sulla fertilità.

E’ proprio per questo che questa malattia subdola intacca l’identità, si manifesta nei principali momenti di passaggio, dall’essere bambine all’essere adolescenti e dall’essere giovani adulte all’essere adulte, a progettare il proprio futuro magari anche con il desiderio di avere un figlio.

E invece no, si è costretti a subire uno stop spesso incomprensibile ed invisibile. Veniamo investite, in quanto donne, da raccomandazioni che stonano con il nostro sentire: “Non ci pensare, arriverà…vedrai che quando smetti di desiderarlo così tanto riuscirai a rimanere incinta”.

NON PENSARE è questo che ci viene chiesto quando in realtà dovremmo fare l’esatto contrario, dovremmo iniziare a rendere pensabile la nostra vita e i nostri progetti per far sì che si possano realizzare o ahimè quanto meno metabolizzare l’irrealizzabile per ricominciare a star bene con noi stesse. Il sentimento predominante nell’impatto con la malattia in generale, e nello specifico con l’endometriosi, è la PAURA: paura della patologia fisica, dei trattamenti talvolta invasivi (interventi chirurgici), dei cambiamenti fisici e dell’alterata immagine corporea, paura delle recidive. Subentrano, inoltre, paure che riguardano gli effetti psicologici e paure personali ed esistenziali. Reazioni molto comuni possono essere anche la RABBIA, il SENSO DI COLPA, l’ANSIA e la DEPRESSIONE che contribuiscono ad avere un impatto negativo sulla sintomatologia dolorosa e sulla qualità della vita della donna.

Diventa a mio parere di fondamentale importanza accostare al trattamento e alla diagnosi medica un supporto psicologico per un migliore adattamento allo stato di malattia ed una minore compromissione della qualità della vita.

 

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